LA TECNICA VENATORIA

Il territorio montano e collinare della provincia di Bergamo è caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di impianti di cattura, che hanno storicamente favorito l’uccellagione. Queste strutture sono chiamate “roccoli”, se ubicate in montagna, e “brescianelle”, se invece sorgono in pianura. Le uccellande sono sia l’esempio di una tecnica venatoria molto complessa ma efficace, che elementi importanti del paesaggio. Difatti, grazie soprattutto all’interesse estetico e decorativo con cui viene curato il tondo, il roccolo crea un notevole impatto visivo sul territorio, esaltandone le proprie valenze paesistiche. Di tale aspetto se ne erano già resi conto gli autori che anticamente avevano trattato il tema del roccolo, come lo stesso Luigi Angelini:

«Queste costruzioni arboree ove le piante di varia essenza disposte con abilità particolare venuta dalla secolare esperienza, formano dei complessi di alto intersse paesistico, presentando nel loro insieme un’armonia di forme e di toni, nei passaggi dei verdi, che è spesso un elemento di viva bellezza nel paesaggio montano (1)».

L’impiego delle uccellande ha influito e caratterizzato la società bergamasca, in quanto fonte di sussistenza tramandata da padre in figlio, generando una tradizione che si è protratta per diversi secoli. Oltre a questa finalità, gli impianti di cattura divennero anche un’occasione di svago e divertimento per le famiglie nobili e per i proprietari terrieri.

La cattura degli uccelli con il roccolo ha origini molto lontane (2), come testimonia lo stesso Luigi Grumelli Pedrocca:

«Il roccolo sarebbe stato ideato dall’Abate dei Monaci di San Pietro d’Orzio in Val Brembana verso la fine del XVI secolo per sovvenire, in qualche modo, alla fame delle popolazioni afflitte da grave carestia (3)»

Analizzando le prime opere scritte, risalenti al XV-XVI secolo, che trattarono della diffusione di tali strutture si nota che Giovanni Battista Angelini, nel 1724, scriveva che la loro origine risaliva alla metà del XVI secolo, precisamente:

«Circa cento cinquant’anni si contano, che in Bergamo si rinvenne questa foggia di uccellare (4)»

Altri autori, invece, ne fecero risalire le origini ancora prima, come nella descrizione proposta da Agostino Gallo nel 1569, precisandone la diffusione nel territorio bergamasco e riportando: 

Roccolo Bonandrini (C3) in località Erbia

Roccolo del Patatì (C4) in località Erbia

«Ancora fra gli altri modi, che si usano per pigliare questi uccelli, in vero non è da biasimare quello che i Bergamaschi chiamano roccolo: I quali, accomodandosi in sito elevato conciano un capannetto di frasche tanto grande, quanto vi possa nascondersi l’uccellatore… Al quale capannetto non pongono appresso arbor verde, eccetto che da ponente una folta ionizzata, ò altri arboscelli; tirandoli à canto una rete, & verso al capannetto, & ponendovi lontano più rami secchi, & alti non più d’un huomo.. (5)»

Mentre Luigi Angelini sostiene che:

«Già nel 1416 esistevano atti notarili di contratti per affitto di roccoli e un documento del 1555 riguardava il versamento al Governo della Repubblica Veneta di 25 soldi per cavezzo di rete, quale corrispettivo del diritto di caccia (6)»

Il roccolo avrebbe, quindi, avuto origine nel territorio bergamasco per poi espandersi nel XV e XVI secolo nel territorio lombardo e successivamente nel Veneto, in Trentino e addirittura nell’area meridionale della Germania.

Sarà solo a partire dal XVIII secolo, quando si assiste a una vera fioritura della letteratura aucupiaria italiana, che aumenteranno le descrizioni del roccolo e verranno pubblicate le prime monografie ad esso riferite e le raffigurazioni più antiche.

Interessante quanto incerta è l’origine del termine “roccolo” (7). E’ stato verificato che esso non è un vocabolo esclusivamente bergamasco, ma viene usato nell’Italia Settentrionale, dal Piemonte al Veneto. Si ipotizza che derivi dal latino “rotolu(m)”, diminutivo di “rota” (che da l’idea della forma circolare), ma non sembra estranea una mistione con “rocca”, voce d’antica origine che ha significato di “posto elevato e protetto”. Del parere simile sono anche i seguenti scritti (2):

«Presenta di fatto l’uccellanda del roccolo lo aspetto di una rocca rotonda ad arte fatta per insidiare, e difendersi, ed è quindi ragionevole assai che il nome roccolo sia da ciò derivato (8)»;

e G. B. Angelini ancora:

«In significazione di luogo forte in eminenza collocato, a cui si rassomiglia il Roccolo e per l’altezza del sito, e per la disposizione della figura, mentre rassembra nella sua frondosa palificata un circuito di Fortezza dalla sua eminente vedetta guardato, dove l’Uccellatore sta come in sentinella spiando gl’augelli, che vi s’avicinano, e donde contro loro scaglia alcuni legnetti per abbassargli, e cacciargli nella rete (4)»;

a cui poi aggiunge che potrebbe anche derivare:

«dalla parola Rocchio, con cui si chiama un pezzo di qualsivoglia materia ch’abbia la figura cilindrica, attesoche il Roccolo è pure figurato in forma rotonda; ò dalla parola Rocco, che propriamente significa il bastone vescovile, che è ritorto in cima, come anche il Roccolo si gira in doppio cerchio (4)»;

Il sinonimo di “roccolo” è “ragnaia”, da “ragna”, vocabolo in uso fin dal XIV secolo nel senso di rete da uccellare, derivato dal latino “aranea” (ragno), ma anche “ragnatela”, il che dice come il principio sia quello della cattura degli uccelli mediante reti (a similitudine del tessuto a maglie predisposto dai ragni).

Roccolo (B4) in località San Martino - la Val Gandino vista dal casello

Roccolo del castello (C7) all'Agro di Casnigo

 

La pratica della cattura degli uccelli è detta anche “aucupio”, voce dotta derivata direttamente dal latino classico “aucupium” (composta da “avis” = uccello e “capere” = prendere) nel senso di arte di catturare uccelli con mezzi vari.

La scelta accurata del sito in cui realizzare il roccolo era un’operazione fondamentale dalla quale dipendeva la riuscita o meno nella cattura dei volatili. Generalmente venivano collocati su colline, dossi e valichi soggetti al frequente passaggio degli uccelli in migrazione e dai quali era possibile dominare i cieli con lo sguardo. I trattati storici (2) relativi ai roccoli descrivevano i criteri da seguire per tale operazione, come citava Giovanni Battista Angelini:

«Il roccolo si pianta sù le costiere, ò frontiere de’ colli e monti ed in altri elevati siti, da’ quali si vegga da lontano la venuta degli augelli; non in luogo però tant’alto, che sia troppo bersagliato da venti, che turbano l’uccellagione e sconvolgono le reti… Sebbene però nelle pianure non è si frequente l’altezza d’un sito confacente alla convenienza del roccolo, non per questo s’esclude, che non si debba, e possa piantare ancora in basse campagne, perché il più delle volte gl’augelli si ritirano da monte al piano; … onde si conchiude che il roccolo si può formare tanto sù poggi, e monti, quanto in pianura, dovendosi solo avvertire, che gli roccoli del piano debbono essere piantati entro le vigne, ò nelle boscaglie, perché gli Tordi in campagna rasa, ed aperta non posano con tanta franchezza, come laddove s’inselvano gl’alberi, e le vigne, perché amano questi la spessitudine delle piante, dove più facilmente calano, e vi s’imboscano (4)»;

e ancora Grimani:

«Prima di piantare un roccolo conviene assai occuparsi della elezione del luogo. E’ questa parte la prima, ed assolutamente la principale. Mai certo si prende abbaglio nel preferire i luoghi alti, le collinette, presso a qualche rigagnolo, ove siavi un vano d’alte agresti piante, onde l’augello sia necessitato calare in quelle sole formano il roccolo, e sia sufficientemente distante dall’abitato (8)».


1 L. Angelini, I caselli da Roccolo, «RdB», nov. 1947, pag. 4

2 Argomento tratto da A. Cazzani, Il roccolo, una componente del paesaggio storico lombardo da salvaguardare , art. della rivista Storia urbana, A. 1996 n. 76-77, pag. 81-91

3 L. Grumelli Pedrocca, Caccia ed uccellagione nella bergamasca, «RdB», 1924, pag. 1690

4 G. B. Angelini, La discrizione dell’uccellare col roccolo, Stamperia di Giovanni Santini, Bergamo 1724, pag. 4-8

5 A. Gallo, Le vinti giornate dell’agricoltura et de’ piaceri della villa , Percaccino, Venezia 1569, pag 370

6 L. Angelini, I caselli da Roccolo delle Uccellande, «RdB», lug. 1959

7 Tratto da S. Calegari, F. Radici, V. Mora, I roccoli della Bergamasca , Grafica & Arte srl, 1996, pag. 1

8 F. M. Grimani, Pei Cacciatori Uccellatori ed Ornitologi, Almanacco per l’anno 1827 , 1827, pag. 39-42